La globalizzazione delle professioni e la digitalizzazione delle competenze digitali e tutorial “omnicanalizzati”, il mondo delle professioni contaminato dall’engagement della fan base: il talento è diventato “indicizzabile”, valutabile non dalla profondità ma dalla grandezza, quella grandezza fatta di utenti, commenti e soprattutto della capillarità dei contatti, per la serie “a più persone arrivo, più talento ho”.
L’impatto del talento non può più prescindere dal numero, e non dal tipo, di persone disposte a condividerlo. Siamo dinanzi ad una sovversione della forma e ad una ridefinizione della sostanza. Il talento non si crea né si distrugge, semplicemente si condivide, quanto più condivisibile diventa tanto più ha identità e peso. Questa contaminazione tra cover e content, tra how to e to be, si ritrova canalizzata in una “selfie marketing strategy” fatta di networking e content creation imprescindibile per ottenere dei risultati capaci di identificare la forza di un’identità digitale sostanziata da un talento significativo perché capace di generare contatto, quel contatto troppo sinteticamente definito virtuale ma che, in realtà, ha un suo carattere reale nel momento in cui rende possibile divulgare un concetto, un’idea, una visione, un valore.
È il momento di rinnovare la visione di tool, di social network e di forma senza sostanza, è il momento di riscrivere il concetto di talento attraverso il suo canale preferenziale: il contatto. Sembra tutto controtendenza, in realtà è semplicemente “controvertenza”, contro quel banale veto concettuale secondo cui il talento è nell’oggettività del suo senso. Il talento è invece nel soggetto anzi nei soggetti ovvero in tutti colore capaci di recepire, reinventare e/o semplicemente far girare un’idea così da rendere reale attraverso il virtuale. Naturalmente questo effetto evolutivo non è automatico e passa dalla capacità di generare un live marketing in grado di creare quel “fine tuning” quotidiano reattivo e connettivo che esprima il legame “omnicanale” tra un “valore” e un “volere” inteso quale link umano in grado di generare una forma della sostanza vincente e condivisibile.
Per arrivare a “fabbricare” questo link occorre strategia e un marketing del contenuto professionale e ben strutturato: questo è esattamente uno dei modi e dei mondi attraverso cui noi di Bordermind cerchiamo di rinnovare il talento, quale fattore umano capace, attraverso le competenze di arrivare al target non in quanto punto di arrivo ma quale “bounce point” da cui costruire un network di valore che esprima un individuo, un’azienda, un brand o semplicemente un’idea attraverso la sua leva più importante: il contatto.
Matteo Albanese
Matteo Albanese